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Cose da manicòmio. 57

preciso ufficio, ad una casa privata di cura per le malattie nervose: un’antica villa con un parco; alquanto remota dalla città.

La buona signora Maria aveva un aspetto monacale: belle mani fuori dei polsini, orlati di un merlettino bianco: al collo, una crocettina d’oro: due occhi vivi, un piccolo sorriso, una voce saggia, senza alterazioni.

Fino a poco tempo addietro ella era stata una piccola borghese, una buona massaia, una buona mamma. Poi il cielo si era capovolto sopra la sua testa; e per vivere aveva dovuto accettare quell’impiego melanconico: aveva perduto ogni suo bene, ma non aveva perduto quel suo tranquillo sorriso. Un po’ di grigio precoce sui capelli neri segnava il passaggio della tempesta.

Certamente se la signora avesse detto: “Non vi posso più stare fra quei matti„, il nostro colloquio non sarebbe avvenuto: ma ella disse: “Io mi ci trovo bene„. E forse fu causa il vino, perchè su la tavola era stato posato, come ancora usa in provincia, un fiasco di vino bianco; e l’amico M*** aveva ricolmato spesso il mio bicchiere, dicendo: “Sono tutte uve scelte. Seguita a bollire nel fiasco„.

Forse anche un’altra causa: perchè al mattino, nella libreria, mi ero messo a sfogliare