Pagina:Panzini - Trionfi di donna.djvu/109

Da Wikisource.

il trionfo di nadina 105

nella cara dimestichezza dei maestri, delle liete compagne, dei condiscepoli sciamannati e chiassosi.

Ma l’Aspettato non venne.

Vero è che ella non lo cercò nè lo attese: gli stessi condiscepoli avevano per lei un rispetto superiore a quello che si potesse richiedere. Quei poveri ragazzi le cui vanterie e le cui conquiste erano di un’audacia incredibile, al passaggio di Nadina si toglievano la pipa e salutavano abbassando l’ala dei gran cappellacci all’artista che sono una specie di anticipazione sulla futura gloria dell’arte.

Quanto bene volevano alla loro avvenente e signorile compagna! quanta festa il giorno in cui il professore di plastica volle modellare la bella mano di lei!

Ma chi avrebbe osato farle la corte sul serio? chi rivolgerle una parola d’amore? E ben sapevano che ella si occupava di amore! Un libriccino, legato con antico cuoio, che ella leggeva talvolta da sola negli ambulatori, era stato scoperto: «Le rime di Messer Francesco Petrarca»: vecchio libro di casa, testimone di antiche gioie spirituali per qualche antenato della sua famiglia.

Ma chi di quei poveri figliuoli, spesso in litigio crudele con lo stomaco, avrebbe a quella pura a quella sicura vergine rivolto la parola sublime? L’amavano tutti insieme. Ella dominava quella