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Pagina:Panzini - Trionfi di donna.djvu/139

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il trionfo di nadina 135


— Pare anche a me, perchè io non ho nessuna intenzione di offenderla: il mio affetto fraterno...

— Ah, ecco la parola! — fremette l’uomo quasi lagrimando — Io, perchè sono un uomo onesto, retto, morale, non ho inspirato alla donna che degli affetti fraterni: per me tutte le donne furono caste, pudiche, virtuose. Io quando tradussi quel libro — ingenuo io e l’autore — giudicai come un fatto universale il fatto che accadeva in me, ed ho condannato la legge del matrimonio nel nome della felicità della donna. Ma che legge! La donna anzi vuole la legge per avere la voluttà di poterla infrangere: la donna combatterà sempre la libertà dell’amore naturale per la medesima ragione che combatterebbe la nudità se una legge la imponesse. La donna vuol essere vestita per il piacere di potersi denudare. Eva ha creato la prima toilette! Tutti gli impedimenti, i riti, le paure, i giuramenti, le ipocrisie, i veli sono i meravigliosi afrodisiaci di cui dispone la donna per sè e per il maschio. Infrangerli, profanarli i riti, ecco la suprema voluttà! Più dolce è il pane furtivo, più soavi le acque nascoste!

Gli occhi dell’uomo che così parlava, avevano bagliori di pazzo esaltato: ma l’occhio calmo e severo di Nadina, posato su di lui, lo tranquillò un poco.

Erano nella pineta: il sole incendiava lo smeraldo dei gran diademi di verdura.