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il trionfo del marito di clodio 33

gersi un bel giorno che in certi casi quel difetto sarebbe la più invocata delle virtù. Ora la mia ragione mi dice: prendi un’arma e uccidi! ma sento che la mia mano, non abituata alla violenza, si rifiuterebbe a simile atto. Quale confessione penosa e umiliante!

Il dottore mi lasciò parlare a mio agio finchè giungemmo al palazzo dove abitava il marchese. Egli era ospite di una casa patrizia della città, e abitava al piano terreno. Battendo col bastone sulle persiane giungemmo dopo replicati tentativi a farci aprire una finestra.

Apparve un cameriere.

— La marchesa è tornata a casa? — domandò per prima cosa il dottore.

— Non ancora, non sono ancora tornati, nessuno dei due: ma già è il solito! Veramente questa notte è più tardi del solito.

— Bene, fate il piacere di aprire: il marchese si è sentito poco bene questa notte; e abbiamo bisogno di abiti e di biancheria per cambiarlo.

Nessuna meraviglia, nessuna domanda da parte del domestico.

Ci venne ad aprire, ci fece lume senza disturbarsi nè anche a fare una domanda: che male avesse il padrone e chi fossimo noi.

Precedendoci con la candela, passammo per una stanza dove dormivano i due figli del marito di Clodio. Per il caldo avevano respinto le coperte e i due corpicciuoli ignudi erano grazio-