Pagina:Panzini - Trionfi di donna.djvu/77

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il trionfo della penna d’airone 73

oppone sia schiacciato!» Sprigionavano scintille d’odio dalle sue parole.

Quando la folla si dileguò, Leo taceva.

Col capo chino, pareva sorpreso egli stesso della sua violenza e parea domandarsi:

«Perchè mi sono lasciato vincere? perchè ho parlato così?»

E fu allora sotto i portici solitari, mentre le nubi nere trascinavano via il giorno e la pioggia, che Regina, toccandogli la mano ardente, gli chiese:

— Ma perchè questo odio? lei cui la fortuna assiste e l’avvenire sorride?

Era, vero: esistevano dei giacimenti di odio nell’anima sua, generata da uomo e da donna. Poteva essere l’effetto dei calzoni corti e delle invariabili colazioni di pane e salame che rimontavano nauseabonde alla gola. Sì! Giacchè si ha un bel gridare: «Viva la sobrietà!» ma in fine secca vedere della gente che mangia tartufi e fagiani sotto i vostri occhi, impudentemente! Poteva essere il ricordo della sua avvilita e dolorosa adolescenza in otto anni di collegio. Anzi, era! Ma sopra tutto era l’orgogliaccio soffocato, l’ambizione spasmodica, erano tutte le idre che fanno nido nell’animo dei nati dall’uomo e secernono e laborano il rodente veleno dell’odio. Ciò che Cristo non volle! Se Leo fosse stato uno dei tanti rimasti schiacciati nell’attrito della vita, idra e veleno sarebbero periti insieme. La miseria