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xii. - Battistero, chiesa, cimitero! 121

gali, elevàvano troni a lui, per lui degnamente accògliere. A Ravenna, quasi staccata dalla processione delle spiritali màrtiri esàngui, nel musàico d’oro di Sant’Apollinare, venne a lui incontro Teresa Guìccioli, la contessa.

Ma ella era tutta di carne, era tutta palpitante, e ti si disciolse fra la bràccia. Sentisti tu, o poeta, nell’allacciamento di lei la voluttà come se la morta Nìobe rivivesse e ti baciasse in prèmio della pietà che tu avesti per lei?

La morta Nìobe rivivrà!

Pineta di Dante, pineta del Boccàccio! Batte il mare ai tuoi màrgini, e il cielo vi trasporta, al tramonto, fulgori orientali, e allora le chiome dei pini si colòrano di sàngue. Le màrtiri in fila hanno un insensìbile moto di vita: dall’abside azzurra di Santo Apollinare in Classe, Cristo, possente e giòvane, pare in atto di levarsi e dire: «Risorgerà! La morta Nìobe rivivrà!».

Quale amore, o Giòrgio Byron!

Ma poi tutto si fa cupo e sanguinoso: prima è il rogo del poeta Shelley, da te acceso, o Giòrgio Byron, in fàccia al Tirreno; poi è la tua giòvane morte, eròica, come un’espiazione, a Missolungi.