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iii. - Il mattino a Vicenza 17

verso la anònima sigaràia che lavorò onestamente, e non lasciò cadere capelli dalla cuffietta.

Facciamo un breve esame di coscienza; ciò terrà le veci di una preghiera mattutina: io ora guardo con giòia il sole.

Io posso ancora gustare il piacere di un òttimo caffè.

Io posso ancora fumare un mezzo toscano; e fra poche ore sarò in grado di fare un’òttima colazione. Dunque accontentiàmoci.

Sì, è vero: molte volte ho desiderato di «non èssere»; ma questa mattina sono di opinione contrària, e desìdero di rinnovare il contratto di locazione su la superfìcie del mondo.

Io godevo appena di questo pensiero, quando un’ombra mi passò davanti, e mi sovvenni di quelli che vivèvano un tempo nel sole, su la superfìcie del mondo, e sono adesso nell’ombra; e mi sèmbrano darsi la mano, e gli ùltimi scomparsi sono più vicini, vicini a me, ed io sento ancora il contatto delle gèlide e care loro mani. I più lontani scomparsi mi affèrrano e dìcono: «non ti scordare di noi!». E più tormentoso è un senso

A. Panzini. 2