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pomerìggio. Il trenino di ritorno era affollato di alpini e artiglieri; essi parèvano anche più titànici dentro il minùscolo scompartimento. Ròsei, felici, chiassosi.

Prima che partisse il treno, venne un tenente d’artiglieria, elegante elegante, e li interpellò bonariamente con la parola «ragazzi!». Strana parola, ai miei orecchi. Perchè «ragazzi» vuol dire: «chiamati a vivere»; ma nella mia fantasia voleva dire: «chiamati a morire!».

Ma in fondo a che cosa siamo chiamati?