care ed amatissime giovani. Ed io vi compiango assai assai, e comprendo bene come non dovete essere allegre, ma... questo tempo critico passerà, e la bravura della mia amica provvederá a tutto, e conforterà tutto, e voi tornerete ad essere allegre, come è il vostro naturale; e me lo diceva Giacomo che le Brighenti erano di buonissimo umore, e mi par bene che ciò sia vero, almeno di te, Ninetta mia (chè Marianna certo è più seria) e la tua lettera me lo mostra. Sai che il racconto che mi fai di Mori è spiritissimo? Se questo affare non riguardasse una persona a me carissima, io ci avrei riso, ma certo fa ridere il tuo modo di descrivere, e tu passi con una leggerezza mirabile sulle pene che deve aver sentito il cuore della tua povera sorella, poichè, da quanto mi dici, essa lo amava, e so ben io quanto mai costa il dover rinunciare ad una illusione carissima: quella di vedere sotto altro aspetto l’oggetto amato, e di vedersi non amata; ma forse tu non lo sai, e non hai provato mai nulla di simile, ed allora hai ragione. Ed io voglio dirti, nè avertelo a male, che mi pare che tu sia innamorata di qualcuno a Ferrara. Non importa che tu mi dica se è vero o no (sebbene potresti anche dirmelo); ma se mai fosse vero, vedi quanto sono brava a capire le minori nuances delle tue parole! Ora io ti lascio perchè voglio parlare con Marianna. Se mi vuoi bene, scrivimi spesso, chè le tue lettere mi piacciono molto, ed io amo il tuo genio un poco satirico. Abbracciami, Nina mia, ed amami, almeno quanto t’amo io. Addio, addio.