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Pagina:Paolina Leopardi Lettere.djvu/66

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Ah! noi siamo giunti in tempi assai infelici, eppure non erano punto lieti quelli che li precedevano. Che disgraziato affare, che orribile desolazione, che avvilimento, o Marianna mia! Non sono molte (qui) le anime che pensano come noi, e che piangono la schiavitù, e forse la morte di tante nobili persone che vi sono sacrificate, ma certo sono molto intensi i loro dolori. Ed anche noi abbiamo dei parenti, il cui destino ci fa tremare. Ma per te e per i tuoi io non avrei voluto tremare, oh! non lo avrei voluto ad ogni costo! Quanto mai mi dispera quella nomina di Prefetto (che io già m’immaginava, e che mi attendeva di sentire ad ogni momento) e quella tua lettera! ah! io non ho pace sin che io non saprò che voi, o care anime, siete tranquille, e che siete a Ravenna. Alcune parole tue sono veramente disperanti, ei per carità non mi fare aspettare neppure un giorno una tua riga con la quale tu mi dica come vanno i tuoi affari. Io considero la tua famiglia come parte della mia propria; figurati in quale ansietà io sono. Ma spero che le cose si verranno calmando; tu scrivesti il giorno dopo il primo ingresso dei Tedeschi, e ti compatisco assai. Noi abbiamo fremuto alla nuova dell’arresto di C. Z. — pur troppo tutto sarà finito per lui! In Ancona i Tedeschi sono molto esacerbati ed odiati. Da noi vennero il Giovedì Santo, e siamo stati trattati assez bien.

Mio fratello è stato sempre tranquillo in Toscana; egli voleva andar a Parma, ma non ha potuto per l’incertezza del tempo. Brighenti deve sapere qualche cosa che lo riguarda, poichê.