Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. I, 1929 – BEIC 1889888.djvu/100

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ruttar plebeiamente il giorno intero.
Ma non attenda giá ch’altri lo annunzi,
170gradito ognor, benché improvviso, il dolce
mastro che i piedi tuoi, come a lui pare,
guida e corregge. Egli all’entrar si fermi
ritto sul limitare: indi elevando
ambe le spalle, qual testudo il collo
175contragga alquanto, e ad un medesmo tempo
inchini ’l mento, e con l’estrema falda
del piumato cappello il labbro tocchi.
Non meno di costui, facile al letto
del mio signor t’accosta, o tu che addestri
180a modular con la flessibil voce
teneri canti, e tu che mostri altrui
come vibrar con maestrevol arco
sul cavo legno armoniose fila.
Né la squisita a terminar corona
185dintorno al letto tuo manchi, o signore,
il precettor del tenero idioma
che da la Senna, de le Grazie madre,
or ora a sparger di celeste ambrosia
venne all’Italia nauseata i labbri.
190All’apparir di lui 1 ’ itale voci
tronche cedano il campo al lor tiranno;
e a la nova, ineffabile armonia
de’ sovrumani accenti, odio ti nasca
piú grande in seti contro a le impure labbra
195ch’osan macchiarsi ancor di quel sermone
onde in Vaichiusa fu lodata e pianta
giá la bella francese, et onde i campi
all’orecchio dei re cantati furo
«lungo il fonte gentil de le bell’acque».
200Misere labbra, che temprar non sanno
con le galliche grazie il sermon nostro,
si che men aspro a’ dilicati spirti
e men barbaro suon fieda gli orecchi !