Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. I, 1929 – BEIC 1889888.djvu/101

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Or te questa, o signor, leggiadra schiera
205trattenga al novo giorno; e di tue voglie
irresolute ancora or l’uno or l’altro
con piacevoli detti il vano occupi,
mentre tu chiedi lor tra i lenti sorsi
dell’ardente bevanda a qual cantore
210nel vicino verno si dará la palma
sopra le scene; e s’egli è il ver che rieda
l’astuta Frine, che ben cento folli
milordi rimandò nudi al Tamigi;
o se il brillante danzator Narcisso
215tornerá pure ad agghiacciare i petti
de’ palpitanti italici mariti.
Poiché cosi gran pezzo a’ primi albori
del tuo mattin teco scherzato fia,
non senz’aver licenziato prima
220l’ipocrita Pudore, e quella schifa
cui le accigliate gelide matrone
chiamian Modestia, alfine, o a lor talento
o da te congedati, escan costoro.
Doman si potrá poscia, o forse l’altro
225giorno, a’ precetti lor porgere orecchio,
se meno ch’oggi a te cure dintorno
porranno assedio. A voi, divina schiatta,
vie piú che a noi mortali il ciel concesse
domabile midollo entro al cerèbro,
230si che breve lavor basta a stamparvi
novelle idee. In oltre a voi fu dato
tal de’ sensi e de’ nervi e de gli spirti
moto e struttura, che ad un tempo mille
penetrar puote e concepir vostr’alma
235cose diverse, e non però turbarle
o confonder giammai, ma scevre e chiare
ne’ loro alberghi ricovrarle in mente.
Il vulgo intanto, a cui non dòssi il velo
aprir de’ venerabili misteri,