Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. I, 1929 – BEIC 1889888.djvu/107

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420scale sali del maritale albergo:
ma ciò non basti ad acquetarti, e mai
non obliar si giusti ufici. Ahi quanti
geni malvagi tra ’l notturno orrore
godono uscire, ed empier di perigli
425la placida quiete de’ mortali!
Potria, tolgalo il cielo, il picciol cane
con latrati improvvisi i cari sogni
troncare a la tua dama; ond’ella, scossa
da subito capriccio, a rannicchiarsi
430astretta fosse, di sudor gelato
e la fronte bagnando e il guancial molle.
Anco potria colui che si de’ tristi
come de’ lieti sogni è genitore,
crearle in mente, di diverse idee
435in un congiunte, orribile chimera,
onde agitata in ansioso affanno
gridar tentasse, e non però potesse
aprire ai gridi tra le fauci il varco.
Sovente ancor ne la trascorsa sera
440la perduta tra ’l gioco aurea moneta,
non men che al cavalier, suole a la dama
unga vigilia cagionar; talora
nobile invidia de la bella amica
vagheggiata da molti, e talor breve
445gelosia n’è cagione. A questo aggiugni
gl’importuni mariti, i quali, in mente
ravvolgendosi ancor le viete usanze,
poi che cessero ad altri il giorno (quasi
abbian fatto gran cosa), aman d’imene
450con superstizion serbare i dritti,
e dell’ombre notturne esser tiranni,
non senz’affanno de le caste spose,
ch’ indi preveggon tra pochi anni il fiore
della fresca beltade a sé rapirsi.
455Or dunque, ammaestrato a quali e quanti