Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. I, 1929 – BEIC 1889888.djvu/109

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che a le varie manteche ama rapire
l’auretta dolce, intorno ai vasi ugnendo
le leggerissim’ale di farfalla.
495Tu chiedi in prima a lui qual piú gli aggrada
sparger sul crin, se il gelsomino, o il biondo
fior d’arancio piuttosto, o la giunchiglia,
o l’ambra preziosa agli avi nostri.
Ma se la sposa altrui, cara al signore,
500del talamo nuzial si duole, e scosse
pur or da lungo peso il molle lombo,
ah! fuggi allor tutti gli odori, ah! fuggi:
ché micidial potresti a un sol momento
tre vite insidiar: semplici sieno
505i tuoi balsami allor, né oprarli ardisci
pria che su lor deciso abbian le nari
del mio signore e tuo. Pon’ mano poscia
al pettin liscio, e coll’ottuso dente
lieve solca i capegli; indi li turba
510col pettine e scompiglia: orditi leggiadro
abbiano alfin da la tua mente industre.
Io breve a te parlai; ma nonpertanto
lunga fia l’opra tua, né al termiti giunta
prima sará, che da piú strani eventi
515turbisi e tronchi a la tua impresa il filo.
Fisa i lumi allo speglio, e vedrai quivi
non di rado il signor morder le labbra
impaziente, ed arrossir nel viso.
Sovente ancor, se artificiosa meno
520fui la tua destra, del convulso piede
udrai lo scalpitar breve e frequente,
non senza un tronco articolar di voce
che condanni e minacci. Anco t’aspetta
veder talvolta il mio signor gentile
525furiando agitarsi, e destra e manca
porsi nel crine, e scompigliar con l’ugna
lo studio di molt’ore in un momento.