Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. I, 1929 – BEIC 1889888.djvu/20

Da Wikisource.
14 alcune poesie di ripano eupilino


XVIII

     Ahi quante, ahi quante di pietate ignudi
fan prede i lupi de le fresche ugnelle;
si che non vai che a vigilar su quelle
il povero pastor fatichi e sudi!
    Questa felice è ben che i denti crudi
de le belve non teme ingorde e felle;
poi che dal branco de le pecorelle,
almo pastor, la togli, e la rinchiudi.
     Qui non la guasteran fascini o incanti;
ma vedrai come bella e senza scabbia
di piú candide lane ognor s’ammanti:
     e fía che il lupo indarno giri, ed abbia
in fine a starsi all’ovil chiuso innanti,
alto ululando per disdegno e rabbia.

XIX

     Si vaga pianta e si gentile avea
con mie lunghe fatiche a tal ridutta,
che le sue fronde invidiar parea
ogni arboscello della selva tutta;
    né piú di borea o d’aquilon temea
contra i be’ rami suoi l’orrida lutta;
ma lieto a la sua dolce ombra sedea,
pur cogliendone alfin le prime frutta:
     quando Giove improvviso ecco disserra
fulmine, che col colpo i rami adorni
in uno e me con lo spavento atterra.
     Or giace il parto di si lunghi giorni;
ed io stonimi guardando in su la terra
ch’alcun germoglio a pullular ritorni.