Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. I, 1929 – BEIC 1889888.djvu/201

Da Wikisource.

ii - il meriggio 195


motti pugnerla alquanto: o se nel volto
130paga piú che non suole accòr fu vista
il novello straniero; e co’ bei labbri
semiaperti aspettar, quasi marina
conca, la soavissima rugiada
de’ novi accenti: o se cupida troppo
133col guardo accompagnò di loggia in loggia
l’almo alunno di Marte, idol vegliarne
de’ femminili voti, a la cui chioma
col lauro trionfai mille s’avvolgono
e mille frondi dell’idalio mirto.
140Colpevole o innocente, allor la bella
dama improvviso adombrerá la fronte
d’un nuvoletto di verace sdegno
o simulato; e la nevosa spalla
scoterá un poco; e volgeransi al fine
145gli altri a bear le sue parole estreme.
Fors’anco rintuzzar di tue rampogne
saprá l’agrezza, e noverarti a punto
le visite furtive a i cocchi a i tetti
e all’alte logge de le mogli illustri
150di ricchi popolari, a cui sovente
scender per calle dal piacer segnato
la maestá di cavalier non teme.
Felice te, se mesta o disdegnosa
tu la guidi a la mensa; o se tu puoi
155solo piegarla a tollerar de’ cibi
la nausea universali Sorridan pure
a le vostre dolcissime querele
i convitati; e l’un l’altro percota
col gomito maligno. Ahi, non di meno
160come fremon lor alme! e quanta invidia
ti portan, te mirando unico scopo
di si bell’ire! Al solo sposo è dato
in cor nodrir magnanima quiete,
aprir nel volto ingenuo riso, e tanto