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ii - il meriggio 205


al vario ragionar de gli altri eroi
490porgere orecchio, e il tuo sermone a i loro
frammischiar ozioso. Uno giá scote
le architettate del bel crine anella
su la guancia ondeggianti; e, ad ogni scossa,
de’ convitati a le narici manda
495vezzoso nembo d’arabi profumi.
A lo spirto di lui l’alma Natura
fu prodiga cosí, che piú non seppe
di che il volto abbellirgli; e all’Arte disse:
— Tu compi il mio lavoro, — e l’Arte suda
500sollecita d’intorno all’opra illustre.
Molli tinture, preziose linfe,
polvi, pastiglie, delicati unguenti,
tutto arrischia per lui. Quanto di novo,
e mostruoso piú sa tesser spola,
505o bulino intagliar gallico ed anglo
a lui primo concede. Oh lui beato
che primo ancor di non piú viste forme
tabacchiera mostrò! L’etica invidia
i grandi eguali a lui lacera e mangia;
510ed ei, pago di sé, superbamente
crudo, fa loro balenar su gli occhi
l’ultima gloria onde Parigi ornollo.
Forse altera cosí, d’Egitto in faccia,
vaga prole di Semele apparisti,
515i giocondi rubini alto levando
del grappolo primiero: e tal tu forse,
tessalico garzon, mostrasti a Jolco
Lauree lane rapite al fero drago.
     Or vedi or vedi qual magnanim’ira
520nell’eroe che dell’altro a canto siede
a si novo spettacolo si desta:
vedi quanto ei s’affanna, e il pasto sembra
obliar declamando! Al certo, al certo,
il nemico è a le porte. Oimè! i Penati