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ii - il meriggio 213


ventilar ponno le cedenti fiamme.
Di sempiterno indissolubil nodo
canti auguri per voi vano cantore:
780nostra nobile Musa a voi desia
sol quanto piace a voi durevol nodo.
Duri fin che a voi piace: e non si scioglia
senza che Fama sopra l’ale immense
tolga l’alta novella, e grande n’empia,
785col reboato dell’aperta tromba,
l’ampia cittade e dell’Enotria i monti
e le piagge sonanti, e, s’esser puote,
la bianca Teti e Guadiana e Tuie.
Il mattutino gabinetto, il corso,
790il teatro e la mensa in vario stile
ne ragionin gran tempo. Ognun ne chieda
il dolente marito: ed ei dall’alto
la lamentabil favola cominci.
Tal su le scene, ove agitar solea
795l’ombre tinte di sangue Agro piagnente,
squallido messo al palpitante coro
narrava come furiando Edipo
al talamo sen corse incestuoso,
come le porte rovescionne, come
800al súbito spettacolo ristette,
quando vicina del nefando letto
vide in un corpo solo e sposa e madre
pender strozzata; e del fatale uncino
le mani armosse; e con le proprie mani
805a sé le care luci da la testa,
con le man proprie, misero! strapposse.
     Ma giá volge al suo fine il pranzo illustre:
giá Como e Dionisio al desco intorno
rapidissimamente in danza girano
810con la libera Gioia. Ella saltando
or questo or quel de’ convitati lieve
tocca col dito: e al suo toccar scoppiettano