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213 il giorno


brillanti vivacissime scintille
ch’altre ne destan poi. Sonati le risa:
815il clamoroso disputar s’accende:
la nobil vanitá pugne le menti:
e l’amor di sé sol, baldo scorrendo,
porge un scettro a ciascuno; e dice: — Regna. —
Questi i concili di Bellona, e quegli
820penetra i tempii de la Pace. Un guida
i condottieri: a i consiglier consiglio
l’altro dona; e divide e capovolge
con seste ardite il pelago e la terra.
Qual di Pallade l’altri e de le Muse
825giudica e libra; qual ne scopre acuto
l’alte cagioni; e i gran principi abbatte
cui creò la natura, e che tiranni
sopra il senso de gli uomini regnáro
gran tempo in Grecia, e nel paese tosco
830rinacquer poi piú poderosi e forti.
     Cotanto adunque di saper fia dato
a nobil capo? Oh letti, oh specchi, oh mense,
oh corsi, oh scene, oh feudi, oh sangue, oh avi,
che per voi non s’apprende? Or tu, signore,
835co’ voli arditi del felice ingegno
sovra ognaltro t’innalza. Il campo è questo
ove splender piú dèi. Nulla scienza,
sia quant’esser mai puote arcana e grande,
ti spaventi giammai. Se cosa udisti
840o leggesti al mattino, onde tu deggia
gloria sperar; qual cacciator che segue
circuendo la fera, e si la guida
e volge di lontan, che a poco a poco
a le insidie s’accosta e dentro piomba;
845tal tu il sermone altrui volgi sagace
fin che lá cada ove spiegar ti giove
il tuo novo tesoro. E se pur ieri
scesa in Italia peregrina forma