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227 | il giorno |
95come il giovin marchese al collo balzi
del giovin conte; e come a lui di baci
le gote imprima; e come il braccio annode
l’uno al braccio dell’altro; e come insieme
passeggino elevando il molle mento
100e volgendolo in guisa di colomba;
e palpinsi e sorridansi e rispondansi
con un vezzoso «tu». Tu fra le dame
sul mobil arco de le argute lingue
i giá pronti a scoccar dardi trattieni,
105s’altra giugne improvviso a cui rivolti
pendean di giá: tu fai che a lei presente
non osin dispiacer le fide amiche:
tu le carche faretre a miglior tempo
di serbar le consigli. Or meco scendi;
110e i generosi ufici e i cari sensi
meco detta al mio eroe; tal che, famoso
per entro al suon de le future etadi,
e a Pilade s’eguagli e a quel che trasse
il buon Tesèo da le tenarie foci.
115Se da i regni che l’Alpe o il mar divide
dall’italico lido, in patria or giunse
il caro amico; e da i perigli estremi
sorge d’arcano mal, che in dubbio tenne
lunga stagione i fisici eloquenti,
120magnanimo garzone, andrai tu forse
trepido ancora per l’amato capo
a porger voti sospirando? Forse
con alma dubbia e palpitante i detti
e i guardi e il viso esplorerai de’ molti
125che il giudizio di voi menti si chiare
fra i primi assunse d’Esculapio alunni?
O di leni origlieri all’omer lasso
porrai sostegno; e vital sugo a i labbri
offrirai di tua mano? O pur, con lieve
130bisso il madido fronte a lui tergendo,