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18 alcune poesie di ripano eupilino


XXVI

     Tirsi, non tei diss’io ch’all’aere fosco
noi faremmo trovata? Or vedi come
l’infame strega con le sciolte chiome
va dell’erbe cogliendo intorno al bosco.
    Tirsi, certo ella è dessa; i’ la conosco:
mi vuo’ tu udire a chiamar lei per nome?
Vedi, vedi, com’ella si dischiome,
e qual spiri dagli occhi acceso tosco!
     Ahi ch’ella udimmi! ahi giá n’ha scorti! Or senti
ch’all’orrende bestemmie ha sciolto il freno.
Ah noi meschini, ahi sventurati armenti!
     Deh, tre volte sputianci, o Tirsi, in seno;
che se ’l gregge da lei ci viene or spento,
ah, Tirsi, ah noi possiam salvarci almeno!

XXVII

     Sciogli, Fillide, il crine e tutta t’ungi
d’esto liquor, che nelle man ti spargo;
poi quest’osso piú stretto a quel piú largo,
che d’uomo son, con le verbene aggiungi.
    Indi accendi l’altar dal rio non lungi
che lento va tra l’uno e l’altro margo:
e mentre io d’acqua il sacro aitar cospargo,
a questa cerea iinmago il cor tu pungi.
     Ecco, l’ombre d’Averno a questo loco
vengon seotendo l’atre faci; e ’l sole
per lo fumo si oscura a poco a poco.
     Tu non temer; ma di’ queste parole:
— La pace che tra loro han l’acqua e ’l foco
abbian gli amanti ancor Licida e Iole. —