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viii - la laurea 307


     Chi può narrar qual dal soave aspetto
e da’ verginei labri
piove ignoto fin ora almo diletto
su i temi ingrati e scabri?
95Ecco la folta schiera
de’ giovani vivaci a te rivolta
vede sparger di fior, mentre t’ascolta,
sua nobile carriera:
e al novo esempio de la tua tenzone
100sente aggiugnersi al fianco acuto sprone.
     A i detti, al volto, a la grand’alma espressa
ne’ fulgid’occhi tuoi,
ognun ti crederia Temide stessa,
che rieda oggi fra noi:
105se non che Oneglia, altrice
nel fertil suolo di palladi ulivi,
alza a i trionfi tuoi gridi giulivi;
e fortunata dice:
— Dopo il gran Doria, a cui died’io la culla,
110è il mio secondo sol questa fanciulla. —
     E il buon parente che su l’alte cime
di gloria oggi ti mira,
a forza i moti del suo cor comprime,
e pur con sé s’adira.
115Ma poi cotanto è grande
la piena del piacer che in sen gli abbonda,
che Targhi di modestia al fine innonda,
e fuor trabocca e spande:
e aneli’ei col pianto che celar desia
120grida tacendo: — Questa figlia è mia. —
     Ma dal cimento glorioso e bello
tanto stupore è nato,
che giá reca per te premio novello
l’erudito senato.
125Giá vien su le tue chiome