Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. I, 1929 – BEIC 1889888.djvu/312

Da Wikisource.
306 le odi


custodendo del vero il puro foco;
ivi breve sul marmo in alto loco
il suo volere incide:
e giá da quello stile aureo, sincero
60apprendea la giustizia il mondo intero.
     Ma d’ignari cultor turbe nemiche
con temerario piede
osáro entrar ne le campagne apriche
ove il gran tempio siede:
65e la serena piaggia
occuparon cosí di spini e bronchi
che fra i rami intricati e i folti tronchi
a pena il sol vi raggia;
e l’aere, inerte per le fronde crebre,
70v’alza dense all’intorno atre tenèbre.
     Ben tu di Saffo e di Corinna al pari,
o donne altre famose,
per li colli di Pindo ameni e vari
potevi coglier rose:
75ma tua virtú s’irrita
ove sforzo virile a pena basta;
e nell’aspro sentier che al piè contrasta
ti cimentasti ardita:
qual giá vide a i perigli espor la fronte
80fiere vergini armate il Termodonte.
     Or poi, tornando dall’eccelsa impresa,
qui sul dotto Tesino
scoti la face al sacro foco accesa
del bel tempio divino:
85e dall’arguta voce
tal di raro saper versi torrente,
che il corso a seguitar de la tua mente
vien l’applauso veloce,
abbagliando al fulgor de’ raggi tui
90la invidia, che suol sempre andar con lui.