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xii - la tempesta | 321 |
mentre Glauco e i tritoni
pur con le braccia lo spingean piú forte;
e da le conche torte
lusingavano i buoni
60áuguri intorno a lui con alti suoni.
E lungo i pinti banchi
le dee del mar, sparse le chiome bionde,
carolavan per Tonde,
che lucide su i bianchi
65dorsi fuggian strisciando e sopra i fianchi.
Fra tanto, senza alcuno
il beato nocchier timor che il roda,
dall’alto de la proda,
al mattin primo e al bruno
70vespro, cosí cantava inni a Nettuno:
— A te sia lode, o nume,
di cui son l’opre ognor potenti e grandi,
o se nel suol ti spandi
con le fuggenti spume,
75o di Cinzia t’innalzi al chiaro lume.
Tu col tridente altero
a tuo piacer la terra ampia dividi;
tu fra gli opposti lidi
del duplice einispero
80scorrevole a i mortali apri sentiero.
Rota per te le nuove
con subitaneo piè veci Fortuna:
e quello che con una
occhiata il tutto move
85non è di te maggior superno Giove. —
Tale adulava. Or mira
or mira, Alcon, come, del porto in faccia,
lungi dal porto il caccia
Nettuno stesso: e a dira
90sorte con gli altri lo trasporta e aggira!