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320 | le odi |
Ma il tuono e il vento e l’onda
terribilmente agita tutti e batte;
né le vele contratte
né da la doppia sponda
23il forte remigar, l’urto che abbonda
vince né frena. E in tanto
serpendo incendioso il fulmin fischia:
e fra l’orribil mischia
de’ venti e il buio manto
30del cielo, ognun paventa essere infranto.
E giá piú l’un non puote
l’alto durar tormento: uno al destino
fa contrario cammino;
un contro all’aspra cote
35di cieco scoglio il fianco urta e percote:
e quale il flutto avverso
beve giá rotto: e qual del multiforme
monte dell’acque enorme
sopra di lui riverso
40cede al gran peso; e al fin piomba sommerso.
Alcon, non ti rammenti
quel che superbo per ornata prora
veleggiava finora,
di purpurei lucenti
45segni ingombrando gli alberi potenti?
A quello d’ambo i lati
ignivome s’aprian di bronzo bocche;
onde pari a le ròcche
forza sprezzava e agguati
50d’abete o pin contro al suo corso armati.
E l'onde allettataci
stendeansi piane a lui davanti: e a i grembi
fregiati d’aurei lembi
de’ canapi felici
55spiravan ostinati i venti amici: