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28 alcune poesie di ripano eupilino


XLVI

     Su queste pallid’ossa, e giá da cento
anni sepolte in quest’oscuro avello,
qual giá lusse color vermiglio e bello,
ch’or sciolto in polve se ne porta il vento?
    Qui, superbe fanciulle, il guardo intento
físate, a rimirar l’aspro flagello
che fa ’l Tempo e la Parca intorno a quello
splendor, cui tanto commendar vi sento.
     Ecco i candidi avori, ecco le rose
che si pregiano in voi gli stolti amanti,
misero avanzo di beltá famose.
     Anzi quaggiii voi vi specchiate innanti,
folli, cui ’l vero un cieco amor nascose,
quel che riman di tanti pregi e tanti.

XLVII

     Poiché, dal braccio del Signor guidate,
fuor dell’Egitto uscir Pebraiche genti,
fuggi timido il mare, e le frementi
onde mosse il Giordan lá ’v’eran nate.
    E qual, veggendo le caprette amate,
fanno i capri lascivi ed insolenti,
saltáro i monti e i colli soggiacenti,
come i saturi agnei per l’erbe usate.
     Perché fuggisti, o mare, e tu, Giordano,
perché indietro tornasti? O colli, o monti,
qual vi mosse a saltar impeto strano?
     E monti e colli e flutti, umili e pronti
chinarsi a lui, che col poter sovrano
fa, di selci e di rupi, e stagni e fonti.