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34 alcune poesie di ripano eupilino


LVI

     Colui die fece di «grembiul» «grembiale»,
e di «candide» ancor «sacrate» ha fatto,
io mi vo’ tórre, quand’e’ voglia, a patto
di mostrargli ch’egli è un animale,
     un animai che tutto intende male,
anzi che intende quanto intende un matto,
e di lingua non sa niente affatto,
bendi’e’ faccia il saccente e ’l sercotale.
     Giá sparso è giá per Elicona il caso,
e le Muse sdegnate in modo strano
voglion mostrargli dov’e’ metta il naso:
     e gli scrittori del parlar toscano
l’aspettan sulla strada di Parnaso;
ciascun di loro colla frusta in mano;
e, acciò non prenda invano
persone ad emendar di lui piú pratiche,
voglion dargli un cavallo in su le natiche.

LVII

     Su, signor correttore, in sul nasaccio
mettetevi l’occhiai del Gallileo,
e guardate un po’ qui questo libraccio,
s’e’ vi par ch’e’ sia buono o che sia reo.
     L’avete visto questo scartafaccio?
Egli è, se noi sapete, il galateo,
che può giovare al vostro cervellaccio,
quanto ad uno ammalato un buon cristeo.
     Su via studiate ed imparate a mente!
studiatelo, vi dico, alla malora
se voi bramate d’imparar niente.