Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. II, 1929 – BEIC 1890705.djvu/109

Da Wikisource.

i - in morte dello sfregia barbiere


Or chi può dire in carte
siccome a me la pelle
soavemente con le man stirassi?
e con che nobil’arte
135di mezzo giorno a rimirar le stelle
pel naso mi guidassi?
Perché ’l piacer durassi,
a lento passo ivi di loco in loco;
e con l’arme sospesa
140ad ogni pel tu ti fermavi un poco.
Ma al fin dell’alta impresa
giacean sul volto mio, per tuo gran vanto,
lá sradicato un pel, qui rotto e infranto.
Ma pazzo è da legarsi
145chiunque tenta il calle
di tue gran lodi, e ci riesce male.
Chi a te puote uguagliarsi
o in ispianar collina, o in aprir valle
sul viso ad un mortale?
150Oh come al naturale,
poi che parlar di guerra amavi molto,
del campo o dell’assedio
lasciavimi la carta impressa in volto!
Oh come poi rimedio
155di carta straccia ovver di ragnateli
portavi al solco ond’eran svelti i peli!
Aimè, destino avaro!
Ahi perché cosí presto,
mio Sfregia, a viver col Burchiello andasti?
160Quel tuo violin caro,
che tutto il vicinato tenea desto,
perché non ne portasti?
Ahi non la indovinasti;
ché se Pluton t’udiva o Proserpina
165sonar si stranamente,
qui facevi la barba domattina: