Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. II, 1929 – BEIC 1890705.djvu/108

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102 cicalate in versi


95Pria sfoderavi un braccio
ch’avria quel d’Esali latto parere
un nonnulla, una ciancia.
Di color verde e rancia
poscia una spuma, che pareva gnocchi,
100pigliavi; e a larga mano
le labbra m’infardavi e il naso e gli occhi.
Ahi, che piacer sovrano!
Quasi, come a Rugger, dicer mi tocca
che spesso io avea piú d’un tuo dito in bocca.
105Le stagion rovesciare
a te giá non piaceva,
com’usan certe frasche a questa etate;
anz’il verno agghiadare
facevane il tuo ranno, e ne coceva
110quand’egli era la state.
Ma poi ch’ambe impeciate
m’avei le guance, tu mi sciorinavi
un cencio su una spalla
ov’era il pel di tutti e sette i savi;
115anzi parea una stalla,
anzi un serraglio a i tanti ivi dispersi
verdi peli sanguigni oscuri e persi.
Oh che dolcezza, quando
alfin sopra ’l mio viso
120pigliavi a dimenare il tuo rasoio!
Solo a quel ripensando,
che tante volte ha me da me diviso,
non so perch’io non muoio.
Sur un limbel di cuoio,
125prima d’avvicinarsi agli altrui menti,
quel ferro almo e gentile
giva piú volte a ripulirsi i denti:
poscia, in un atto umile,
quasi fanciul che tema ha del pedante,
130tremando s’accostava al mio sembiante.