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III

L’AUTO DA FÉ

     Pingimi, o Musa, or che prescritto è il fuoco
per subbietto al tuo canto, in versi sciolti
atti a svegliar nel sen del mio Baretti
leggiadra bile contro a quel che il primo
5osò scuotere il giogo della rima
che della querul’Eco il suono imita:
pingimi, dico, in qual guisa Libero,
amator di spettacoli funesti,
soglia a sé far delizioso obbietto
10della morte degli empi, i quai fúr osi
sollevarsi ostinati incontro ai dogmi
della religion de’ nostri padri.
     Ecco di giá l’orribile teatro
spalancato ingoiar per cento vie
15la ognor di stravaganze avida plebe.
Ecco sorger da un lato anfiteatro
lagrimevole e tristo, ove non d’orsi,
o tauri o tigri o barbare leene
fera strage sará; ma dove attende
20l’ultima pena i miseri dannati.
Ecco dall’altro il venerato trono
del giudice supremo, a cui fu dato
por fren de gli empi all’esecrande lingue
con la spada e col foco. Intanto move
25con lento passo e con squallide facce
la terribile pompa in ordin lungo.
S’avanzan primi i figli di colui
a cui ’l ciel diè la spada, e disse: — Uccidi