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iii - alla duchessa serbelloni ottoboni 207


30dissi a me stesso: — Aspetta,
e vedrai tosto al piú tiepido cielo,
sciolto di mano in mano,
scender quel freddo smalto all’oceano. —
E qualor vidi spaventose nubi
35tòme improvviso il giorno,
e folgorando intorno
ir minacciando grandine che rubi
il rustico sudor, mi confortai
dicendo: — Il sol, non andrá molto, avrai. —
40Chi osato avrebbe, in que’ si neri giorni
ch’ora spargi d’obblio,
a te predir, duchessa, ora piú lieta
e dir: — Eia che ritorni
pace al tuo core; e dominar men rio
45vedremo un di pianeta
sul viver tuo c’ha il disperar per mèta? —
lo si lieti presagi avea per certo
formati entro al mio seno;
e tempo piú sereno
50scorgea per entro all’avvenire aperto,
non giá qual Febo all’ebbra mente nostra,
ma qual ragione a’ suoi seguaci il mostra.
Come fermo e costante in contro agli urti
di fortuna rubella
55lungamente reggesti il petto e l’alma!
con quai nobili furti
togliesti a gli occhi altrui la tua procella,
e mostrasti la calma,
doppia ottenendo dal combatter palma!
60E la virtude istessa il tuo mal fea
a te gustar piú lento,
e dell’ermo tormento
nessuno a parte col tuo cor volea:
però che le tue pene e i danni tui
65le parean minor mal che l’onta altrui.