Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. II, 1929 – BEIC 1890705.djvu/30

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24 opere drammatiche


s’obliava innocente in preda a loro;

quand’ecco, oh cielo! a me, non so se desta,
ma desta si, poi che su gli occhi ancora
ho non men che nel cor quel vago oggetto,
apparve un giovanetto. Il biondo crine
sul tergo gli volava; e mista al giglio
ne la guancia vezzosa
gli fioriva la rosa: il vago ciglio...
Padre, non piú, perdona.
L’indiscreto pensier, parlando ancora,
va dietro a le lusinghe
dell’immagin gentil, che lo innamora.
Aceste. (Che amabile candor!) Segui; che avvenne?
Silvia. Ah! da quel giorno il lusinghier sembiante
regnò nel petto mio; di sé m’accese;
i miei pensieri ei solo
tutti occupar pretese: i sonni miei
di sé solo ingombrò. Da un lato Ascanio,
la cui sembianza ignota,
ma la virtú m’è nota,
meraviglia e rispetto al cor m’inspira:
dall’altro poi l’imaginato oggetto
tenerezza ed amor mi desta in petto.
Aceste. No, figlia, non temer. Senti la mano
de la pietosa dea. Questa bell’opra
opra è di lei.
Silvia. Che dici?
Come? parla, che fia?
Aceste. Piacque a la diva
di stringere il bel nodo: in ogni guisa
vi dispone il tuo core, e in sen ti pinge
le sembianze d’Ascanio.
Silvia. E come il sai?
Aceste. In cor mi parla un sentimento ignoto,
la tua virtú me ’l dice, e m’assicura
il favor de la dea.