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ii - ascanio in alba 23


in simil uopo all’anime innocenti

celar gli affetti loro). Odimi, Aceste...
Aceste. Cieli! Che dir mi vuol?
Qual duol ti opprime in si felice istante?
Silvia. Padre... oh numi!... die pena!... io sono amante.
Aceste. (Ahimè! respiro alfine.)
E ti affanni per ciò? Non è d’amore
degno il tuo sposo? O credi
colpa l’amarlo?
Silvia. Anzi, qual nume, o padre,
10rispetto e l’onoro. I pregi suoi
tutti ho fissi nell’alma. Ognun favella
di sue virtú. Chi caro a Marte il chiama,
chi diletto d’Urania, e chi l’appella
de le Muse sostegno:
chi n’esalta la mano, e chi l’ingegno.
Del suo gran padre in lui
11magnanimo cor chi dice impresso;
chi de la dea celeste
l’immensa caritá trasfusa in esso.
Si, ma d’un altro amore
sento la fiamma in petto:
e l’innocente affetto
solo a regnar non è.
Aceste. Ah no, Silvia, t’inganni,
innocente che sei! Giá per lung’uso
io piú di te la tua virtú conosco.
Spiega il tuo core, o figlia,
e al tuo fido custode or ti consiglia.
Silvia. Odi, Aceste, e stupisci. Il di volgea,
che la mia fe’ donai
d’esser sposa d’Ascanio all’alma dea.
Mille immagini liete,
che avean color da quel felice giorno
venian volando alla mia mente intorno.
Ed ella in dolce sonno