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306 sonetti


SONETTI

CXXI

PER CARLO IMBONATI (?)

     Garzon bellissimo, a cui con gli anni
crescon le grazie, cresce il vigore,
tal che con Venere tu sembri Amore,
e sol ti mancano la benda e i vanni;
    ah! il tuo buon genio da i folli inganni
te de lo spirito guardi e del core,
e su per l’arduo sentier d’onore
a grandi movati sublimi affanni.
     Cosí, nel riedere, questo bel giorno,
o sii tu giovane o adulto o veglio,
ognor piú vedati di pregi adorno;
     e l’altro secolo, serbato al meglio
di tue bell’opere, a te dintorno
di tue bell’opere si faccia speglio.

CXXII

IN MORTE DEL CURATO CIOCCA

     No che non eran mani, eran crivelli
con tanto de boggiatter quij soeu man,
né scuoter le dovean i poverelli,
per fá che passas sgiò on quaj tocch de pan.
    Egli medesmo a prò’ di questi e quelli,
su par i scar de legn, fina al quart pian,
portava loro gravidi fardelli,
tappasciand da on eoo all’olter de Milan.
     Nulla per sé, nulla di proprio avea;
quel poch ben da cá soa e dell’altar
tutto co i poverelli ei dividea.
     Oh per che non passaron per sua mano
tane dobbel impesaa in di sgriff di avari
Quanti miseri meno avria Milano!