Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. II, 1929 – BEIC 1890705.djvu/316

Da Wikisource.
310 sonetti


e traggonci la pelle?
Quanti del succidume escon pidocchi,
che ne succiano il sangue e cavan gli occhi
a noi altri capocchi?
25E quant’altri animai sozzi e poltroni
nascon dal lezzo, e pelano i minchioni?

CXXVII

IL GATTO E IL VILLANO

     Il gatto andò alla casa del villano
col collo torto e molta sommessione;
gli si accostò all’orecchio, e disse piano:
— Deh prestami, o villan, la tua magione.
     5Non mi terrai nella tua casa invano,
perché col fiero dente e con l’unghione
io ti difenderò le noci e il grano
dai topi che non hanno discrezione. —
     Il villan ciò si reca a gran ventura;
10gli dá la chiave di tutti i granai,
dicendo:—Amico mio, abbine cura.—
     Tutta la notte si sentirò i lai
de’ topi che, tremando di paura,
se ne fuggivan dagli estremi guai.
15Non fu veduto mai
tanto macello come quella notte
che le truppe topesche furon rotte.
Di lagrime dirotte
bagnossi ambe le guance il contadino
20poi che fu desto e ciò vide al mattino:
il gatto paladino
prese per mano, al sen lo strinse, i bigi
peli lisciolli, e baciolli i barbigi.
Ma sì grandi i servigi
25non furono del gatto il di seguente:
forse era stracco dell’antecedente.