Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. I, 1913 – BEIC 1891614.djvu/204

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vedremo a suo luogo. Conviene nondimeno distinguere fin da questo momento (perché non venisse ad invalere qualche opinione erronea in questa materia), conviene, dissi, distinguere che altro sono gli oggetti semplici non piacevoli, de’ quali le arti si servono per necessitá e per uso dell’arte medesima, ed altra cosa sono gli oggetti semplici non piacevoli, de’ quali si valgono gli artefici per loro particolari fini ed intenzioni, secondo le particolari circostanze nelle quali da se medesimi si pongono spontaneamente. A proposito della quale seconda specie di oggetti è da avvertire che grandissimi vogliono essere i motivi dell’usarne, che vuol farsi con somma discrezione ed avvertenza e che sembra conceduto ai soli autori eccellentissimi il servirsene con vantaggio dell’arte e con lode dell’artefice; come pure vedremo sul fatto, quando, esaminando insieme le bellezze de’ grandi esemplari in materia di belle lettere, vedremo come esse resultino dalla osservanza de’ nostri principi. Siamo ora giunti al penultimo grado a cui salirono le bellearti, accostandosi alla loro perfezione; ossia è ora luogo di dover parlare dell’ultimo possente mezzo del quale gli uomini si valsero per eccitare nell’anima loro, colla presentazione d’un solo oggetto, una moltitudine tanto maggiore e tanto piú forte di piacevoli sensazioni. Questa sublime e predominante facoltá, che ha l’uomo di scoprire il tanto infinito numero delle relazioni che passano fra lui e le cose altre universe, le quali furono giá in una col tempo suscitate dall’eterno dito della natura; questa facoltá di comparare la svariatissima infinita dovizia delle idee, ch’egli ha radunata per via della reciproca ed armonica vigilanza de’ suoi sensi, e di scoprire, stando dentro di sé, nuove relazioni che passano fra le sue medesime idee, e di cosí accrescere con esorbitante usura la prima ricchezza, aggiungendovi un nuovo piú immenso tesoro di seconde idee; questa facoltá, dissi, che noi chiamiamo «ragione», e che dalla provvida natura ci è stata cosí ampiamente e cosí indefinitamente largita, fu quella che diresse gli uomini, non soltanto a cercar di vivere, ma pur anco a cercar di vivere il meglio e il piú beatamente che fosse alla essenza loro comportabile. Quindi è che non solo