Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. I, 1913 – BEIC 1891614.djvu/249

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l’applicazione di tutti gli altri, e dal quale il buono effetto dell’opera dell’arte massimamente dipende. Noi dicemmo che l’arte intende d’interessar l’uomo; ma siccome l’arte aspira sempre alla perfezione, perché l’uomo stesso vi aspira, cosí questa considera l’uomo, soggetto sopra del quale essa deve operare, non come imperfetto, ma come giunto a un certo grado di perfezione e tendente per sua natura all’estremo grado di questa. La detta perfezione è o fisica, o intellettuale, o morale. La perfezione fisica, per riguardo all’effetto dell’arte, consiste nella disposizione dell’uomo a sentire con tutta la intensione e con tutta la estensione possibile l’effetto che gli oggetti esteriori sopra di esso far possono. L’arte pertanto non intende di operare sopra gli imbecilli o gli stupidi o i rustici o gli inesperti; ma singolarmente sopra gli uomini come dalla natura bene organizzati, e come forniti di sensi raffinati bastevolmente dalla replicata loro applicazione agli oggetti, e di sentimenti renduti delicati dal lungo e moltiplice paragone de’ medesimi oggetti. Ecco la ragione per cui l’artista è obbligato di scegliere fra gli oggetti naturali, che da lui possono presentarsi coll’arte. La perfezione intellettuale consiste nello aver gran numero di idee, e nel vedere il piú gran numero di relazioni che sia possibile fra quelle. L’arte adunque non intende di operare sopra l’uomo come idiota e come privo di cognizioni, ma sopra l’uomo bensí renduto atto dall’osservazione e dalla riflessione a vedere i piu sottili e piú importanti rapporti che passano fra le cose; ed ecco un’altra ragione per cui l’artista è tenuto di fare scelta fra le idee che vuol presentare allo spirito e fra le maniere con cui si possono presentare. La perfezione morale parimenti, per rapporto all’effetto dell’arte, consiste nell’abito de’ sentimenti e nell’esercizio delle operazioni conducenti al benessere proprio e degli altri uomini e di tutta l’umanitá insieme. L’arte adunque non intende di operare sopral’uomo considerato come privo di virtú, come mancante di benevolenza e di reciprochi riguardi, ma sopra l’uomo bensí avente idea di giustizia, di onestá e di decoro. Ed ecco per