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Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. I, 1913 – BEIC 1891614.djvu/275

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nostra lingua, si è Niccolò Macchiavelli, segretario della repubblica fiorentina. Molti confutarono le opere di lui, e spezialmente quella intitolata II principe , nella quale pretesero che si riducessero in sistema l’ingiustizia, la mala fede, la violenza e la crudeltá, e che s’insegnasse con formalitá di precetti ad affliggere, a violare, a distruggere gli uomini per servire all’ambizione d’un solo, e finalmente, per usare l’espressione di Dante, a far «licito d’ogni libito». Per lo che studiaronsi eglino d’infamare la memoria di un tanto autore, e di distruggerla, se fosse stato possibile, con grave pregiudizio della politica non meno che dell’italiana favella. Ma la veritá seppe vincere i pregiudizi tutti. Vari eruditi di gran credito, cosí passati come moderni, evidentemente provarono che il Macchiavelli, educato qual era in una repubblica e fierissimo partigiano del governo di molti, scrivesse il suo libro del Principe con intenzione assai differente da quella che appare; e che non altro intendesse con quell’opera che di fare una sottilissima critica del governo di molti piccoli tiranni che comandavano in Italia de’ suoi tempi, e insieme di presentare a’ suoi fiorentini nel ritratto delle massime e della condotta di coloro un oggetto terribile, che tanto piú alienasse lo spirito della sua patria dal comando di un solo, nel quale giá da qualche tempo minacciava di cadere. E tanto piú fortemente si confermano in questo sentimento, quanto che in altre delle opere dello stesso autore si fa questi conoscere amico della religione, della giustizia e dell’umanitá; e altronde, dalle memorie che si hanno di lui, si ricava esser lui stato uomo dabbene, e per costumi assai commendevoli e per pubblici servigi accetto ed onorato nella sua patria. Venghiamo ora a toccare, in proposito di questo autore, quello che alla nostra materia spezialmente si appartiene; e, se forse ci siamo intorno ad esso piú lungamente trattenuti di quel che paia richiedersi dal nostro instituto, scusici il riflettere che, chiamandoci la serie delle cose che trattiamo a dover parlare anche d’un autore cosí malmenato, noi non avremmo potuto parlarne senza usare intorno a ciò le debite avvertenze. Le opere del Macchiavelli, dice Apostolo Zeno nelle sue