Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. I, 1913 – BEIC 1891614.djvu/276

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note al Fontanini, corsero gran tempo per le mani di tutti, lette, approvate e stampate in piú luoghi, e persino in Roma dedicate al papa, senza che alcuno pensasse, non che osasse, di dirne male. Il Salviati, parlando della maniera dello scrivere del Boccaccio e di quella del Macchiavelli, dice: «Quasi senza risa non si possono udir coloro, i quali lo stile e la favella di chi spezialmente scrisse le nostre storie e gli ammaestramenti dell’arte del guerreggiare, con la favella e con lo stile di quest’opera [cioè del Decamerone\ recar sogliono in paragone: conciossiacosaché il Boccaccio sia tutto candidezza, tutto fiore, tutto dolcezza, tutto osservanza, tutto orrevolezza, tutto splendore; e nello storico non abbia pur vestigio d’alcuna di queste cose, come colui che, oltre che nacque in mal secolo [cioè nel decimoquinto], rivolse tutto il suo studio ad altre virtú: ciò furono la chiarezza, l’efTicacia e la brevitá: nelle quali riuscí singolare e ammirabile, in tanto che nella prima a Cesare e nell’ultime a Tacito arditamente si può paragonare. Nel rimanente egli scrisse del tutto, senza punto sforzarsi, nella favella che correva nel tempo suo; né volle prendersi alcuna cura di scelta di parole, che all’una delle tre cose, ch’egli avea per oggetto, non gli spianasse principalmente il cammino». Da queste parole del cavalier Salviati egli è troppo facile a rilevarsi una verace e singoiar lode che egli, quasi non accorgendosi, viene a dare allo stile del Macchiavelli. Imperocché, se è vero che il merito principale di uno scrittore sia quello di rendersi facilmente intelligibile, di esporre con forza i suoi pensieri, sicché facciano profonda impressione in chi legge, e di rendersi intelligibile ed efficace nel suo discorso, usando la minor quantitá di mezzi possibile, sará altresí vero che il Salviati, lodando lo scriver del Macchiavelli di chiarezza, di efficacia e di brevitá, verrá in tal guisa a concedere ad esso tutto ciò che forma le principali doti dello scrivere. Inoltre, se per avventura si verificasse che al Boccaccio non competessero le doti che qui dal Salviati si attribuiscono al Macchiavelli, il Boccaccio sarebbe da dirsi un cattivo scrittore, non ostante tutte le altre, che il Salviati medesimo toglie al primo e giustamente concede