Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. I, 1913 – BEIC 1891614.djvu/345

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sua bisogna, le torni meglio. Ei tosto chiamane uno, e dice, verbigrazia, cosí: — Vapori, mali isterici, capogiro, coccolina, fastidio, flati, ostruzioni, soffocazioni. — Ma notate che il medico non li chiama mica cosí come io ho detto nella nostra lingua, ma nella loro, ch’io non vi sapre’ben dire che lingua si sia, benché a mio giudizio dovrebb’esser quella della patria di ciascuno di essi; e cosí il medico chiama in arabico se il male è arabico, in greco se è mal greco, se è mal tedesco in tedesco, e in francese se è mal francese. Allora quel male, che odesi chiamar per lo suo nome, salta fuora e difilato balza sulle dita del medico: il medico applica le dita al polso della inferma, e trattienvele sinché, per lo tepore allargandosi i pori, il male vi penetra sino al sangue e, con esso condotto alla testa, quivi si riposa. I medici trattano colá molto colle donne; perciocché, oltre ch’egli hanno, con quelle, frequenti conferenze sopra le loro zinghinaie, sono anco be’ giovani che s’allindano e stanno sulle gale, amici del cicalare, pieni di graziose moine e di lezzi, e in guisa gentili e accondiscendenti, che le medicine accomodano anzi al malato che al male. Il che bisognerebbe che seguitassero questi nostri, che lascierebbonti piuttosto crepare che risparmiarti d’ingoiare una decozionaccia o un clistero. Ma egli è oggimai tempo che noi tocchiamo della fine, e ch’io vi conti per quale sciagura io fossi costretto a partirmi improvvisamente di colá. Vi bisogna innanzi tratto sapere che tutte quante le grasce di quella terra, siccome sono sanissime per li forestieri, cosi sono un tossico potente per li nazionali: laonde non vi si vive se non delle cose che vengono da di fuori; e, se pur mangianvene alcuna delle loro, egli è perché i cuochi tanto pistanla, impastanla, impiastriccianla e tingonla e coloranla e cangianla da quel ch’era prima, che n’escono tutte le particelle venefiche, ed altro non vi rimane che il sano. Ora accadde che, come io dilettomi, quando vi posso giugnere, di mangiare de’ buoni piccioni, de’ buoni capponi e delle buone pollanche, cosi fui veduto piú volte ugnermene il grifo e farne delle buone corpacciate. F’inché io non ebbi quattrini in tasca, la cosa andò bene: ma, comesi cominciò buccinare ch’io col favore del re