Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. I, 1913 – BEIC 1891614.djvu/347

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III DISCORSO SOPRA LA CARITÀ PROLUSIONE Savissimamente, o signori, è stato dall’accademia ordinato che in avvenire non sia piú lecito a talento di ciascheduno di noi il comporre per la pubblica recita di questa stagione sopra qualsivoglia suggetto sacro o morale; ma che anzi, come nelle altre pubbliche recite si costuma, cosí anche in questa tutti quanti cospiriamo a trattare uno stesso determinato argomento. Ciò si è voluto spezialmente per vostro riguardo, o signori, si perché il concorso de’ vari metri, de’ vari stili e de’ vari pensieri, tendenti ad un medesimo scopo, venga a render tanto piú ingegnosa e vivace e per conseguenza a voi tanto piú dilettevole la nostra poetica esercitazione; si perché, accogliendo insieme diversi lavori sopra una stessa materia, venga questa ad esser piú pienamente trattata, onde i nostri versi a diletto non solo, ma, quanto per noi si può, ancora vi tornino ad utilitá, che è quanto, fino dal ristabilimento della nostra accademia, ci siamo proposti, acciocché non un vano solletico degli orecchi, ma un vantaggioso trattenimento siano le nostre pubbliche adunanze. Savissimo consiglio ancora è stato quello dei nostri conservatori di scegliere per tema della recita di stassera la caritá; conciossiaché ragionevole cosa era che, avendo noi per la prima volta determinato il suggetto della recita sacra e morale, ciò non altro fosse che quella virtú eh’è il fine di tutta la morale, il compendio di tutta la legge e il precipuo fondamento della religione.