Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. I, 1913 – BEIC 1891614.djvu/58

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le vostre proposizioni, che non del generale intender si dovesse che voi parlaste, ma solamente del particolare. Perché dunque colá dove voi diceste: «Non vi par egli di ravvisare qualcosa di somigliante ne’vostri lombardi, che in paese parlano tuttodí quel volgare, che troppo pute di unto», non vi spiegate in cambio cosí : «Non vi par egli di ravvisare qualcosa di somigliante nella vostra plebe lombarda, che in paese parla tuttodí quel suo volgare, che troppo pute di unto»? E colá dove scrivete: «Che importa a noi di quello, che stimino del nostro sgraziato parlare i prodi suoi difensori», perché non iscriveste voi piuttosto in questa guisa: «Che importa a noi di quello, che stimino dello sgraziato parlare del nostro popolazzo i prodi suoi difensori»? E in quell’altro piú osservabile luogo ove dite :«Ma ragionandosi di quelli, che si prendono la cura di nobilitare il nostro parlar milanese, convien pur dire che, siccome ogni pregio e vezzo di questa lingua consiste nel far ridere chi di motti grossolani ed alquanto sciocchi si diletta», eco., voi avreste dovuto dire in quel cambio: «Ma ragionandosi di quelli, che si prendono la cura di nobilitare il parlar della nostra plebe milanese, convien pur dire che, siccome ogni pregio e vezzo di questo linguaggio», ecc. E in queU’altro ove si legge: «Ma di coloro che, non altra lingua sapendo che quella sgraziata e goffa, che appresero dalla balia», ecc., non conveniva egli dire, se voi aveste voluto che della plebe s’intendesse e non di tutti i milanesi: «Ma di que’ bassi e volgari uomini, che, non altra lingua sapendo che quella sgraziata e goffa», ecc.? E perché adunque in niuno di questi citati luoghi, e cosi in qualsivoglia altro, non far comprendere al lettore che voi parlavate del solo linguaggio plebeo? Perché non farlo almeno in un sol luogo? E perché comprendere in quella plebe lombarda, clic parla un volgare che troppo pute di unto, anche i vostri interlocutori, che sono pur gente civile, dicendo «ne’ vostri lombardi»? E perché mescolarsi eglino da se stessi fra questa plebe dicendo: «il nostro sgraziato parlare», «il nostro parlar milanese»? e chiamarono «vostro» o «nostro» quel parlare, che non era il loro, ma quello del popolo piú triviale?