Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. II, 1915 – BEIC 1892399.djvu/209

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incomodo, potrai scrivermi per mezzo suo. L’amicizia, che io avevo per te e per tua moglie, sebbene non consistesse che in sterili sentimenti dell’animo, era però a un grado singolare. Ma ora è essa cresciuta a dismisura in occasione delle tante gentilezze, parzialitá ed assistenze usatemi nella mia malattia; e che la presente divisione mi suggerisce e rappresenta piú al vivo di quel che facesse la consuetudine del vivere insieme. Caro amico, assicurati che io non dimenticherò mai quanto io sia debitore a te e a tua moglie. Voglio star lontano da Milano, e non ostante vorrei esserci, anche per tuo riguardo. Salutami caramente la signora Teresina, don Alessandro e Bonsignori. Addio. Il mio gentilissimo albergatore ti ricambia cordialmente i saluti. Se tu vedi l’abate Passeroni, fagli i miei piú cordiali saluti, ringraziamenti, ecc. ecc., e digli che quanto prima gli scriverò, ecc. Cantú, 8 settembre. XLIII Ar. MEDESIMO Dalla campagna manda all’amico una lettera da consegnare al «noto soggetto», dei sentimenti del quale verso di lui chiede notizia. Esprime nello stesso tempo le angosce che gli tormentano l’animo. Caro amico, Fra poco tempo non avrò piú il piacere né meno di trattenermi teco per lettere, perché tu sarai cosi lontano che io non saprò come dirigertele. Però, frattanto che tu sei in cittá, non voglio perder l’occasione di scriverti, né di meritarmi tue risposte, le quali mi serviranno di qualche sollievo nella piú critica circostanza in cui mi sia mai trovato. Un uomo, che, o per sua colpa o senza, sia involto in qualche calamitá, non si può