Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. II, 1915 – BEIC 1892399.djvu/212

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altre lettere o tue o dell’amico stesso, colle quali speravo d’essere schiarito. Ma con mia sorpresa l’ultima tua del 22 mi conferma anzi ne’ medesimi sospetti ed accresce l’agitazione del mio spirito. Perdonami se in questa mia parlerò piú delle relazioni che ho con altri che di quelle che ho teco. Non potrei fare altrimenti nello stato in cui mi trovo, e, dall’altra parte, credo che sia un coltivare la nostra amicizia il depositar, come fo, nel tuo solo cuore e nella sola tua fede i segreti piú grandi e piú intimi dell’animo mio. Io non so quel ch’io mi pensi dell’estrema malinconia, di cui mi parli nella tua del 18, come parimenti della rigorosa custodia in cui vive l’amico. La novitá di questo e la circostanza che tu rilevi nella poscritta, cioè che. quando tu gli consegnasti l’ultima mia, «non ti parve che vi losser tanti torbidi», mi fa dubitar con tutto il fondamento che non gii sia stala sorpresa la mia lettera oppure qualche risposta ch’egli mi preparasse. Questo è quello che mi ha tenuto e mi tiene tuttavia nella piú grande agitazione ch’io possa esprimerti. Vedo dalla premura che ti sei fatto di rilevar nella poscritta l’accennata circostanza, vedo, io dico, che tu avevi qualche notizia o che almeno avevi lo stesso sospetto che io. Temo che l’amico non abbia fatta qualche imprudenza, e che si sia vergognato di comunicarla a te. Dubito anche che te l’abbia comunicata, e che tu ti guardi dal parlarmene per non affligermi maggiormente. Talvolta, non ostante le forti e replicate dimostrazioni dell’amico, sono costretto a fargli il torto d’immaginarmi qualche suo sotterfugio, lnsomma il mio spirito e il mio cuore sono stati finora e sono nel maggior tumulto e nello stato piú penoso e violento, che io abbia provato mai. Deh! in nome dell’amicizia che hai per me e della perfetta conoscenza che io ne ho, ti scongiuro di fare il possibile per sincerarmi su questo affare. Qualunque sia la cosa, levami in ogni modo dall’orribile incertezza in cui vivo. La natura mi ha disposto a dei sentimenti che mi dovevan render perpetuamente infelice: ed io son cosi debole, che non ho mai saputo far uso della ragione per domarli, o almeno per moderarli. Sa il cielo quali sforzi ho fatto per allontanarmi questo poco tempo; e la mia fatalitá