Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. II, 1915 – BEIC 1892399.djvu/220

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l’ambizione è la regolatrice di quasi tutte le mondane cose, e che lo stesso motivo ha eccitato Alessandro e Giulio Cesare a conquistare la terra, che ha mossi Omero e Virgilio a scrivere i loro poemi. La differenza, che non pertanto ci corre, si è che dalle gare degli uni non ne son nate se non morti, stragi e rovine, e da quelle degli altri infiniti vantaggi e diletti: e, dove quelli colle loro passioni hanno offesa crudelmente l’umanitá, questi le hanno a maraviglia giovato. Che se talvolta accade che dalle quistioni e dalle gare letterarie ne provengano alcune vere private discordie e nimicizie, oltre che ciò segue molto di rado, non è ancora per nulla paragonabile col beneficio che ne risulta. Non pretendo io giá di cosi giustificare que’ letterati, che, disordinatamente amanti della gloria, tengono per rivale qualunque loro si paragona e cercano ogni via di deprimerlo e metterlo al fondo. Io odio anzi talmente costoro, che gli stimo, per quanto dotti esser si possano, la piú vile e odiosa feccia del mondo. Né men pretendo di fare schermo a quelli schizzinosi, che, tócchi, pungono e, punti, sbranano indiscretamente. Le leggi della giustizia ci obbligano a misurar la vendetta colla offesa; ove quelle della caritá ne impongono non solamente di dissimulare, ma dí rendere ancora bene per male. Io voglio soltanto difender quelli autori che nelle loro dispute leggiadramente quasi solleticano l’avversario, e, fermandosi ne’ difetti del letterato, non oltrepassano a quelli dell’uomo, siccome si vede che ha fatto il nostro Martelli nella presente opera. Vero è che anche in quello ci bisogna riguardo e discrezione; conciosiaché, siccome il giudice, quantunque abbia dimostrato esser ladro colui che ha rubato, fa ingiuria all’umanitá, dicendogli, verbigrazia : —Vanne alle forche, o pezzo di ladro! —cosi il critico, comeché abbia provato che altri non sa, nondimeno gli fa offesa, dicendogli: — Vatti a riporre, o pezzo d’ignorante!— L’immortale Scipione Maffei certamente non meritò quell’ingiuria ; e il Martelli, uomo onorato, non l’avrebbe detta neanche a chi meritata l’avesse. Ei si duole soltanto che il marchese Maffei, per troppo amar la propria gloria, abbia fatto minor conto dell’altrui. Il Maffei era uomo per aver dei difetti,