Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. II, 1915 – BEIC 1892399.djvu/26

Da Wikisource.
20 ix - lettere del conte n. n.

e forse che la nobiltá è un sogno, che non abbia altro fondamento fuorché nella opinione degli uomini? Quanto poi alla sinceritá, oh, si che starebbono fresche le povere divote, s’elle avessero a fare e a dire ogni lor cosa schiettamente e sinceramente! dappoiché per la natura del loro stato debbono essere quasi bersaglio all’invidia, alla malignitá, alle insidie ed alle persecuzioni di noi altri peccatori, che le circondiamo, per coglier loro cagione addosso continovamente. A noi non è lecito di pregiudicar gravemente a’nostri interessi o a quelli della nostra famiglia; e questi non andrebbono il piú delle volte in fondo, se alle povere divote non fosse anco lecito di sostenerli con qualche prudente simulazione o dissimulazione? Io voglio ben credere che le belle labbra della mia spirituale Elisa resisterebbono a non dir bugie; ma io stimo quasi impossibile che una divota femmina possa resistere a non farne. Io credo bene che la vostra gentile e scrupolosa animasi asterrebbe dall’ingannare direttamente; ma come si può, senza mancare notabilmente alla prudenza, come si può in certi frangenti non prestare occasione o non lasciar cadere in errore il nostro amato prossimo? Come si potrebbe vivere senza un poco di simulazione? Bisogna pur confessare che un poco di restrizion mentale è uno de’ maggiori comodi dell’umana vita, spezialmente per una divota, a cui non è tanto lecito quanto a’ peccatori il dir bugie. E non per altro cred’io che tanti dottori le abbiano cosí fortemente difese e sostenute, se non per lasciare un meschino asilo a qualche anima pia, che si trovasse impacciata tra l’interesse e la divozione. Aggiugnete ancora un’altra riflessione, la quale riguarda principalmente il vostro carattere di divota. Questa sinceritá sarebbe in contraddizione coll’umiltá, di cui v’ho parlato sopra. Imperciocché non verremmo noi a mascherare ed a mentir noi medesimi, col celare i nostri meriti e col procurare ili non lasciarci comparire al di fuori quali noi siamo al di dentro? Io, per me, sono anzi d’opinione che fosse lecito servirsi di questa dissimulazione solamente quando si desse un caso che una divota avesse qualche difetto, acciocché, scoprendosi al di fuori, non venisse a pregiudicare al decoro dell’arte sua; e che in quel cambio dovesse usare tutta