Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. II, 1915 – BEIC 1892399.djvu/27

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lettera seconda 21

la piú rigida sinceritá e schiettezza possibile, per isciorinare, dirò cosí, e mettere al chiaro giorno tutte quante le sue prerogative, acciocché queste servir possano ad edificare il prossimo sviato e ad accrescer gloria alla divozione. Io mi fermerò poco a mostrarvi quanto possa accordar colla divozione il terzo di que’ caratteri, ch’io vi ho annoverati di sopra, cioè la caritá. Permettetemi nondimeno ch’io vi riporti qui prima un passo d’uno autore, ch’io ho letto a questi giorni passati. Io so che non è molto approvato il far delle lunghe citazioni da’ legislatori dello stile epistolare; ma lusingomi che si possa perdonare qualche licenza a un genere di lettere come le mie, che possono meritare il titolo di edificanti. Piglierommi ancora un’altra libertá, cioè di palesarvi che l’autore, ch’ora sono per citarvi, è un eretico; perché, essendo voi appena iniziata ne’ misteri della divozione, spero che peranco non ispiriterete della paura leggendo un simile vocabolo. L’autore dice adunque cosí: «Ciò che rende piú insoffribili i divoti di professione si è una cert’asprezza di costumi, per cui sono insensibili all’umanitá, un cert’orgoglio eccessivo, che fa loro guardare con occhio di pietá tutto il resto del mondo. Se nella loro elevazione eglino degnano di chinarsi a qualche atto di bontá, il fanno eglino con tanta soverchieria, essi compiangono gli altri con modi tanto crudeli, la loro giustizia è tanto rigorosa, la loro caritá è cosí dura, il loro zelo è tanto amaro, il loro disprezzo tanto si rassomiglia all’odio, che la stessa insensibilitá della gente di mondo è meno barbara della loro compassione. L’amor di Dio serve loro di scusa per non amare nessuno, ed egli non s’amano neppur tra di loro. Avete voi veduto giammai tra i divoti una vera amicizia? Ma quanto piú eglino si staccan dagli uomini, tanto piú pretendon da questi, e si potrebbe dire che non si alzano a Dio per altro, fuorché per esercitare la loro autoritá sulla terra». Questo miserabile eretico, Elisa mia, non sa quel che si dica: egli scambia per asprezza di costumi quel nobile zelo, con cui una divota non dee saper perdonare il menomo fallo al suo prossimo peccatore, e per orgoglio il generoso sentimento de’ propri meriti paragonati coll’altrui meschinitá. Infine egli pretende che i divoti