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32 x - dialogo sopra la nobiltà


Nobile. Oh! tu m’hai ristucco oggimai, impronto seccatore che tu se’. Vanne a’ villani, e quivi troverai cotesta triviale robustezza delle membra, che tu di’. A’ miei pari si conviene troppo piú gracile e dilicata complessione che tu non pensi.

Poeta. Avete voi forse delle grandi ricchezze e de’ gran danari alla vostra disposizione?

Nobile. Di ciò ben io ne aveva; ma io ne ho giocato e mangiato una gran parte, e il resto me lo sono speso in abiti, in cocchi, in villeggiature, in servi e in mille altre cose finalmente, che sono necessarie a’ pari miei. Non è senza ragione ch’io mi son morto fallito, come tu sai, e non ho lasciato a’ miei figliuoli altro che i fedecommessi, co’ quali si faccian beffe de’ creditori. Ad ogni modo, io mi sarei trovato nudo d’ogni cosa sì tosto ch’io fossi arrivato quaggiú, se io non avessi avuto la sagacitá di spogliarmene innanzi tratto. Ma dove andrann’egli però a battere le tante domande che tu mi vai facendo?

Poeta. Se voi non siete né il re, né suo ministro, né suo bargello, né fornito dalla natura di straordinaria valentia del corpo, né di grandi ricchezze dalla fortuna, in che vi tenete voi per mio superiore e perché pretendete voi ch’io v’usi rispetto?

Nobile. Perché io son nobile, dove tu sei plebeo.

Poeta. E che diamine d’animale è egli mai cotesto nobile? o perché dobbiamo noi essere obbligati a rispettarlo?

Nobile. Perché egli ha avuto una nascita diversa dalla tua.

Poeta. Oh poffare! voi mi fareste strabiliare. Affé, che voi mi pigliaste ora per un bambolo da contargli le fole della fata e dell’orco. Non son io forse stato generato e partorito alla stessa stessissima foggia che il foste voi? E che! vi moltiplicate voi forse per mezzo delle stampe, voi altri nobili?

Nobile. Noi nasciamo come se’ nato tu medesimo, se io ho a dirti ’l vero; ma il sangue, che in noi è provenuto dai nostri maggiori, è tutt’altra cosa che il tuo.

Poeta. Dálle! e voi seguite pure a infilzarmi maraviglie. Forse che il vostro sangue è fatto alla foggia di quello degli dèi d’Omero, e non è così come il nostro fluido e vermiglio?