Pagina:Parlamento subalpino - Atti parlamentari, 1853-54, Documenti I.pdf/326

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Il proponente alle premesse ragioni soggiungeva, che dopo l’emanazione di quel decrefo essendo cresciuto non poco il prezzo dei cereali, e propagatasi nelle popolazioni l’ansia sulla penuria dei medesimi, i risguardí politici e di umanitá suggeriscano il consiglio di togliere ogni ragione, e persino il pretesto di credere o far credere che il dazio imposto sopra l’alimento indispensabile alla vita possa far incarire di piú il pane, oppure mettere un ostacolo alla libera introduzione di quella derrata; cosa tanto piú facile ad acquistare credenza dopo che quasi tutti i Governi a noi circostanti abolirono af- fatto ogni dazio d’importazione sui cereali.

Che infine, in una questione di tanto momento, bisognava evitare ogni rimprovero, prevenire ogni rammarico di non avere tolto tutti gl’incagli all’approvigionamento.

Si addiveniva ai voti ; e la proposizione fatta dal commis- sario del quinto uffizio di abbassare ancora della metá i dazi presenti sui cereali passò alla maggioranza di quattro con- tro tre.

Il 2° articolo del progetto del Governo che figura il 3° nel progetto della Commissione incontrò nessuna opposizione, essendo esso una logica conseguenza del principio giá sancito dal Parlamento, della uguaglianza cioè di trattamento di tutte le bandiere; e nella presente bisogna, sotto qualsiasi bandiera arrivino dei cereali, devono essere colle stesse age- volezze accolti,

Nessuna difficoltá pure si fece all’accettazione dei quattro successivi articoli, i quali concorrono intieramente a sempre piú diminuire le spese d’importazione, e perciò ad agevolare l’infroito dei cereali e la diminuzione dei prezzi.

L’articolo 7 che contempla il divieto fatto ai comuni di ri- scuotere dazi di consumo sui cereali, preoccupò non poco la Commissione; tanto piú che molti uffici le avevano raeco- mandato linteresse comunale leso da fale disposizione, e la Camera inviava pure alla Commissione una petizione della municipalitá di Genova, in cui si fanno gravi lagni per lo stesso oggetto.

La cittá di Genova rappresenta alla Camera che, per l’abo- lizione del dazio-consumo sulle farine, il suo bilancio soffrirá ancora una perdita di 430,000 lire che non saprebbe come al- trimenti colmare, salvo con centesimi addizionali alle imposte dirette, oppure con una proporzionata riduzione delle spese.

Fra queste esservi il canone delle gabelle accensate per ingente somma di lire 806,472 che, non potendosi intera- mente pagare dagli esercenti, dovrá sottostarvi in gran parte l’erario comunale, .

Si conchiude quindi nella petizione suaccennata : «Che sia dal potere legislativo provvedato agli imperiosi bisogni di quell’erario civico, 0 con accordare espressamente la facoltá di estendere la sovrimposia locale sino al punto che è neces. sario per colmare il vuoto che lascierá nelle sue finanze la soppressione del dazio sulle farine, o con ridurre ad una pro- porzione minore il canone delle gabelle accensate.»

Non solo la cittá di Genova, ma i principali municipi dello Stato troveransi nelle stesse angustie dopo l’abolizione di questo dazio, potendosi presumere che nelie principali cittá il reddito proveniente da questo balzello stia nella propor- zione del quinto o del sesto ali’intiero prodotto netto del dazio consumo,

Ti commissario dell’uffizio VI suggeriva che non si soppri- messe affatto la facoltá d’imporre un dazio di consumo sui cereali, ma si prescrivesse una tariffa piú moderala.

1 commissario dell’uffizio VII manifestava il pensiero che si abolissero bensí i dazi sui cereali riscossi a pro delle comu- nitá, ma a titolo di compenso ed a ristoro della finanza co-

munale, si restituisse loro il potere d’imporre sui generi co- loniali, sulle pelli acconciate e sui ferri,

Si avvertiva dai piú che non sarebbe misura nè prudente, nè umana quella di conservare qualunque siasi dazio sui ce- reali, quando tanti lamenti si sollevano sulla carezza del pane; che bisogna impedire, per quanto è possibile, una differenza sensibile nel prezzo del pane tra una e l’altra localitá dello Stato, perchè i confronti generano malumori nei luoghi dove piú elevato è il prezzo.

In quanto al proposto ristabilimento dei diritti comunali sui generi coloniali, pelli acconciate e ferri, osservarono ta- luni dei commissari che la ristorazione di tali dazi sarebbe un regresso verso il protezionismo ; che potrebbe ripercuo- tere sulie finanze dello Stato col diminuire la consumazione di quelle merci; che infine sarebbe assurdo il rinforzare le linee daziarie altorno ad ogni cittá o villaggio dopo aver pro- clamato colla voce e sancito coi fatti Patilitá del libero cam- bio, l’immoralitá cagionata dalle linee doganali ; che ogni ragionevol passo deve condurre alla soppressione delle une e delle altre, non mai a ritroso. Ma come provvedere ai bisogni dei comuni ?

I redditi comunali dovrebbonsi d’ora innanzi derivare per massima parte dalle imposte dirette, e con ragione.

Quando non vi era altra imposta diretta che la prediale, ben si comprende la necessitá e la giustizia di un dazio di consumo, perchè quell’imposta sola non doveva, nè poteva sopportare tutte le spese municipali fatte a pro non dei soli proprietari rurali, ma di ogni classe cittadina.

Ora invece dopo lo stabilimento delle tasse sui fabbricati, sulle manimiorte, personale industriale, mobiliare e profes- sionale, i comuni possono colla aggiunta di alcuni centesimi a queste imposte dirette fornirsi i fondi occorrenti per le spese locali in surrogazione di quanto percepivano col dazio di consuazo sui cereali, zuccari e caffè.

Questa surrogazione d’imposta locale pare piú ragionevole ed economica: piú ragionevole perchè colpisce tutti 0 quasi tutti coioro che hanno un qualsiasi reddito ; esime dalla tassa i miserabili od indigenti.

Piú economica perchè risparmia le spese di riscossione, in grandissima parte almeno, ed il guadagno degli appaltatori per dazi comunali.

La vosira Commissione si decise infatti per questo sistema, e vi propone d’invitare il Governo di attenersi al medesimo. Intanto l’articolo 7 del progetto è mantenuto.

La data della abolizione di quei diritti di consumo contem- plati nell’articolo 8 dovrá necessariamente essere variata: la Commissione vi propone di differiria al 1° di marzo 1854.

All’articolo 9 ed ullimo si fece nn’addizione che si è cre- duto consentanea allo spirito della legge, ed analoga affatto alla decisione giá presa dal Parlamento in un articolo addizio- nale della legge 14 luglio 185i sulla revisione della tariffa doganale.

Signori, la vostra Commissione nutre speranza che, me- diante i provvedimenti legislativi che si sottopongono alla vostra approvazione, il paese potrá essere sufficientemente provvisto di cereali. La quantitá introdotta nello Stato di ter- raferma nel corso dell’anno 1853 sorpassò i due milioni di et- tolitri, deduzione fatta dei grani esportati, i quali non eece- dettero i quaranta mila ettolitri, non tenuto però conto del. Pesporiazione del riso erisone,

Continuande l’importazione nelle proporzioni avveratcsi nell’altimo trimestre del 1883 sino a tutto maggio prossimo, si avrá ancora dallestero un milione circa di ettolitri di grani che ci parrebbero sufficienti per giungere a toccare il raccolto