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appartenente alla gente Valeria, di cui un ramo si era trapiantato nella Transpadana, era legata di amicizia e ospitalità con C. Cesare. A Roma venne giovane e vi si stabilì. Mi pare verisimile che quando vi giunse, fosse già molto dotto di greco. Forse egli era già stato in paesi di favella greca, poichè suo padre poteva avere nell’Asia Minore affari di commercio o d’altro. Un fratello di Gaio morì, come vedremo, nella Troade: non pare che fosse della cohors di qualche pretore; che cosa dunque vi stava a fare? Nel fatto, Catullo aveva copia grande di autori greci, specialmente poeti, in particolare Alessandrini, sopra tutto Callimacho1. Conobbe, si può credere, Valerio Catone, la Sirena: a cui è probabilmente diretto un poema di sette versi, che ha movenza Archilochea2; ma non pare verisimile che avesse da imparare qualche cosa da lui. Tutto al più ne fu confermato nel suo indirizzo alessandrino e abbozzò, a dimostrazione di questo, il suo poemetto delle nozze di Peleo e Thetide3. Certo rivolse a sè molta parte dell’ammirazione che si aveva per il grammatico. Egli era così ilare, così fine! E poi

  1. Pag. 56 v. 33 e 36. Il CXVI diretto a un Gellio che il poeta poi assalì con velenosissimi epigrammi, ha l’unico esempio dell’s eliso avanti consonante; «tu dabi» supplicium; e ha un verso tutto di spondei. Potrebbe essere de’ primi fatti e testimoniare col primo distico delle domande di libri greci che si facevano al nuovo venuto.
  2. Il LVI, tralasciato.
  3. Secondo lo Schwabe (Ludovicus Schwabius - V. 1 P. 1. Quaestionum Catullianarum Liber 1. Gissae 1872) questo epyllion può essere stato composto in un anno qualunque dal 692 al 700: inchina peraltro a crederlo dell’età matura ed esperta. Forse fu abbozzato nei primi tempi e ripulito e pubblicato dopo la gita Bithynica.